COSA C’E’ NEL RECOVERY PLAN APPROVATO DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI?
Il Recovery plan è stato scritto e riscritto più volte da quando, il 7 dicembre, figurava per la prima volta all’ordine del giorno del consiglio dei ministri. Un mese di intenso lavoro tecnico e di continuo tira e molla nella maggioranza. Alla fine, il documento arrivato ieri sera nel consiglio dei ministri è molto diverso sia dalla bozza iniziale sia da quella più dettagliata del 29 dicembre. Si tratta di 172 pagine, che descrivono i programmi di spesa con i quali il governo chiederà alla commissione europea i 209 miliardi di euro destinati all’Italia tra prestiti e trasferimenti nel periodo 2021-2026 nell’ambito del progetto Next generation Eu per rilanciare l’Unione dopo la pandemia.
Per accogliere le tante richieste di modifica e di aggiunta di investimenti previsti nella bozza del 29 dicembre i tecnici dell’Economia hanno allargato la torta. E così al piano iniziale che faceva riferimento solo ai 196 miliardi del Recovery fund in senso stretto si sono aggiunti una fetta del Fcs (Fondo coesione sviluppo) e i 13 miliardi del React Eu per l’emergenza Covid, portando il totale a 223 miliardi. Che a loro volta sono stati integrati con circa 7 miliardi dai fondi strutturali europei e da 80 miliardi di risorse programmate per il 2021-26 dal bilancio nazionale (per esempio i 30 miliardi per il Family act e i 24 per la decontribuzione al Sud) per un totale che arriva a 310 miliardi.
Così gli appena 9 miliardi assegnati inizialmente alla «Salute» e che avevano scontentato non solo il leader di Italia viva, Matteo Renzi, ma anche gli altri partiti, sono diventati, tutto compreso, 20,7 di cui 7,9 destinati all’Assistenza di prossimità e alla telemedicina (3 miliardi in più) e 12,8 all’Innovazione, ricerca e digitalizzazione (quasi 9 miliardi in più).
Nel capitolo «Digitalizzazione, Innovazione, competitività e cultura», che da solo vale 46,2 miliardi (più 11 di programmazione di bilancio), 5 miliardi in più vanno alla voce Cultura e Turismo, che sale da 3 a 8. Spuntano poi 6 miliardi alla voce «valorizzazione del territorio e efficientamento energetico dei comuni». E ci sono circa 5 miliardi in più per l’alta velocità ferroviaria, in particolare nel Mezzogiorno. Molto cresciute anche le risorse che verranno chieste all’Europa per l’«Istruzione e ricerca», che passa dagli iniziali 19 miliardi a 28,5 . Sei miliardi in più vanno a «Potenziamento delle competenze e diritto allo studio» (da 10,7 a 16,7 miliardi) e tre miliardi in più alla voce «Dalla ricerca all’impresa». Insomma, più soldi ai giovani e alla ricerca. Cresce di quasi 10 miliardi il capitolo «Inclusione e coesione», che ora vale 27,6 miliardi (al netto del risorse del bilancio nazionale), di cui 12,6 per le «Politiche per il lavoro».
La parte del piano dedicata agli investimenti è salita fino al 70% delle risorse che verranno chieste a Bruxelles. Questo consentirà di avere un impatto maggiore sulla crescita del Pil (si stimano tre punti in più fino al 2026). È stata ridotta invece la parte dedicata agli incentivi, ai bonus ai microprogetti. I circa 223 miliardi che verranno chiesti all’Europa (compresi i 13 del React Eu) si suddividono in sei macro capitoli: 68,9 miliardi per la Rivoluzione verde, 46,2 per la Digitalizzazione, 32 per le Infrastrutture, 28,5 per Istruzione e ricerca, 27,6 per Inclusione e coesione, 19,7 per la sanità.